Il Palazzo risale originariamente al XIII secolo; edificato per conto della famiglia Morosini, è stato più volte ristrutturato nel corso della sua storia.
Il primo proprietario fu Lorenzo Morosini, fratello di Domenico, uno dei patrocinatori dell’Accademia Pellegrina cui aderirono pittori del calibro di Tiziano e Tintoretto, di cui abbiamo notizia attraverso un documento risalente al 1570.
Dopo numerosi avvicendamenti ereditari della famiglia Morosini, intorno alla metà del 1600 il Palazzo divenne proprietà dei Sagredo, considerati allora una delle più illustri famiglie del Patriziato veneto, presenti nel Maggior Consiglio della Repubblica fin da prima della Serrata del 1297 ma di cui si trova documentazione fin dal IX secolo. Diedero i natali anche a S. Gerardo Sagredo, martire nell’anno 1047 e Patrono di Budapest.
Nel 1661 il palazzo venne venduto a Nicolò Sagredo, già ambasciatore di Venezia a Roma e futuro Doge (1675-1676), oltre che primo grande collezionista d’arte della famiglia.
Successivamente, su un progetto di Andrea Tirali databile ai primi tre decenni del Settecento, il Palazzo subì importanti lavori di ristrutturazione degli interni: la creazione dello scalone, le numerose decorazioni a stucco e la riorganizzazione delle sale.
Zaccaria Sagredo, vissuto nella seconda metà del secolo XVIII, raccolse nel palazzo una collezione, considerata tra le più importanti d’Europa, composta da oltre 800 dipinti realizzati dall’epoca del Rinascimento ai suoi giorni e da circa 2000 fra disegni (anche di Leonardo) e incisioni, oltre ad una fornitissima e preziosa biblioteca.
La stessa passione per l’arte fu ereditata dal nipote Gerardo che nel 1718 commissionò a Carpoforo Mazzetti e Tencalla gli stucchi che ancora decorano l’ammezzato del sottotetto, costituito da sette stanze destinate a luogo di incontro e di svago.
Alla morte di Gerardo Sagredo iniziò una lunga e controversa azione legale testamentaria per decidere a quale ramo della famiglia spettasse il Palazzo, il cui prestigio era tale che nel 1791 l’imperatore Leopoldo II ammirò la Regata organizzata in suo onore dal balcone del piano nobile.
Merita di essere menzionata Marina Sagredo, famosa per il suo anticonformismo, lo spirito liberale, l’impegno e l’attività artistica, al punto di trovarsi ad affrontare diverse controversie con i Magistrati della Repubblica. Fu a lei che Carlo Goldoni nel 1700 dedicò la commedia “La Sposa Virtuosa”.
Alla caduta della Repubblica la famiglia Sagredo alienò gran parte delle sue proprietà, mantenendo però il Palazzo sul Canal Grande.
Nel 1808 Ca’ Sagredo passò a Zuane Sagredo, il quale, ricavate al piano terra due abitazioni principali e quattro botteghe con magazzino, le concesse in locazione.
Nella seconda metà dell’Ottocento la proprietà andò ad Agostino Sagredo, letterato, patriota e senatore del Regno d’Italia, che vi abitò fin quasi alla sua morte avvenuta nel 1871. Caterina Sagredo, sorella di Agostino, andata sposa al Conte Ippolito Malaguzzi Valeri di Reggio Emilia, fu madre di Eleonora che sposò il Conte Giuseppe Manodori, i cui discendenti portano ancora oggi i due cognomi. Ancora oggi, ogni 24 settembre, festa di San Gerardo Sagredo, la famiglia Manodori Sagredo si riunisce per la Messa Commemorativa nella Cappella di famiglia situata nella Chiesa di San Francesco della Vigna.
Nelle stanze di Ca’ Sagredo fu ospite anche Galileo Galilei, intimo amico di Gianfrancesco Sagredo, uno dei tre protagonisti del “Dialogo sui massimi sistemi” che lo scienziato ambientò proprio in questo Palazzo sul Canal Grande.
Tra le opere artistiche di Ca’ Sagredo che per molte vie se ne sono allontanate, ricordiamo la pregiatissima Alcova ora esposta al Metropolitan Museum di NewYork.